Domenica, 11 Settembre 2011 17:13

MAESTRELLI TOMMASO – MITI DEL PASSATO

MAESTRELLI TOMMASO – MITI DEL PASSATO

 

Tommaso Maestrelli è “il Maestro” che guidò la Lazio alla prima vittoria in campionato nel 1973-74, appena due anni prima di morire all'età di soli cinquantaquattro anni. Nasce a Pisa il 7 ottobre1922 da un impiegato delle Ferrovie dello Stato; segue il padre in diverse città italiane, fino a stabilirsi, nel 1935, a Bari. Ragazzo sveglio ed amante dello sport, appena stabilitosi nella città pugliese fa un provino nel Bari dove viene tesserato come attaccante (poi divenne difensore). Fa tutta la trafila nelle giovanili biancorosse alternando i banchi di scuola con gli impolverati campi di calcio. Nel capoluogo pugliese, intanto, conosce una ragazza, Lina, figlia di un vigile urbano della città. Fra i due nasce subito un intenso amore e si fidanzano. Il 2 agosto1947 Tommaso riesce nel suo più grande sogno: sposare la sua amata Lina, da cui avrà prima due figlie, Patrizia e Tiziana, e successivamente due gemelli “portafortuna” Massimo e Maurizio e ciò renderà ancora più gioiosa la sua famiglia. Nel Bari intanto è ormai titolare inamovibile e gioca sempre con grande coraggio e passione. Riesce sempre più a mettersi in mostra e per questo è convocato in Nazionale per le Olimpiadi di Londra nel 1948. In predicato di passare al grande Torino è invece ceduto alla Roma, della quale diviene anche capitano ma nel periodo peggiore della storia della squadra romana. Viene poi ceduto alla Lucchese. Chiude la sua carriera agonistica tornando a giocare nel Bari.

Smessa l'attività agonistica, per Maestrelli inizia quella di allenatore Maestrelli brucia le tappe, colleziona promozioni (prima con il Bari e poi con la Reggina con la quale ottiene la prima storica promozione in Serie B e vince il suo primo Premio Seminatore d'oro per la Serie C. Poi il Foggia conquista nel 1969/70 la Serie A e vincendo ancora il "Seminatore" ma questa volta per la categoria di Serie B. Approda infine alla Lazio di Lenzinitra le critiche dell’ex-allenatore Lorenzo che aveva portato in B la Lazio, di una parte della tifoseria e del suo uomo simbolo: Giorgio Chinaglia. Non se ne cura e già nel ritiro comincia a dettare il suo credo calcistico. Sceglie come capitano Wilson per le sue doti carismatiche sia in campo che negli spogliatoi, e, da ottimo psicologo, comincia a parlare paternamente a Chinaglia, cercando di conquistarlo con la sua semplicità. Tra Maestrelli e Long John nasce un'amicizia e una stima reciproca che va consolidandosi tanto da fargli affermare: "Senza Chinaglia non posso garantire nulla". Chinaglia è il suo centravanti di sfondamento di un metro e novanta, un bambinone che “scavallava” per i campi come un bisonte coraggioso e furioso, sparando a rete micidiali bombe. Maestrellli aveva capito che era lui la bandiera, il trascinatore pazzo di folle. La Lazio comincia a macinare punti ed a portarsi stabilmente in quota promozione in Serie A che otitene iniziando da lì a scrivere alcune delle pagine più belle della storia laziale. Stava nascendo la Lazio della sporca dozzina di “angeli” dalle ali molto spinose e con due palle così.Una squadra dalle continue faide sei giorni a settimana ma di un'assoluta compattezza la Domenica.

Maestrelli afferma per primo in Italia un calcio totale, di ispirazione olandese, all’Ajax dominatore all’epoca del calcio europeo anche se con interpreti di caratura inferiore; le sue squadre escono sempre tra gli applausi, a prescindere dal risultato, perché la disposizione tattica è efficace e spettacolare. Il suo calcio è movimento corale e ritmo, con giocatori che nel corso della gara ricoprono e si scambiano tutti i ruoli in un gioco d’insieme mai visto prima in Italia. Gianni Brera definisce il suo calcio "eretismo podistico", vale a dire di dispendio fisico suicida, ma la Lazio con lui vince lo scudetto il 12 maggio 1974 e si conferma per il secondo anno la miglior difesa del campionato; Chinaglia vince la classifica marcatori con 24 gol. Maestrelli ha fatto l’impresa. Declina le offerte della Juventus di Agnelli e della nazionale italiana perché convinto a seguire i suoi ragazzi e il suo pubblico laziale.

Mancano le controprove ma quella Lazio, con la guida di Tommaso Maestrelli, poteva aprire un ciclo: grazie alla maturazione di D’Amico e al lancio di alcuni giovani quali Giordano, Manfredonia, Agostinelli e altri scoperti da lui che era un formidabile talent-scout. Era nato per fare l’allenatore: i presidenti gli davano carta bianca perché sapeva costruire squadre vincenti senza chiedere l’impossibile; profondo conoscitore della materia, sceglieva i giocatori giusti e non costosi e li guidava con intelligenza, autorevolezza, umanità. Il miglior allenatore della generazione che ha avuto piena maturità all'inizio degli anni '70. Signorile nei modi, profondamente umano nei rapporti coi calciatori (esempio di psicologia applicata allo sport per la “famiglia allargata” squadra), intelligente e rispettoso del diritto d'informazione, ha rappresentato una figura unica nel panorama calcistico nazionale.

Il 2 dicembre1976 scompare prematuramente a Roma dopo aver lottato contro un male incurabile. La sua scomparsa creò un vuoto enorme che capitan Wilson riassunse così: “Sembrava che il Padreterno avesse raggruppato in lui tutte le migliori doti di un uomo per fargliele donare. E poi gli ha tolto tutto”.

 

 

 

Carriera in Squadre di club

1938-1948

Bari

146

1948-1951

Roma

95

1951-1953

Lucchese

47

1953-1957

Bari

73

Presenze in Nazionale

1941-1942

Italia

14

Carriera da allenatore

1964-1968

Reggina

 

1968-1970

Foggia

 

1971-1975

Lazio

 

1975-1976

Lazio

 

 

PALMARES come Allenatore